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2. Dèi

«Tu parli da straniero!», esclamò l'anziano. «Cercavi la solitudine e non intendo disturbarti, ma se prima di ritornare alla tua nave volessi riposarti da me, sarei ben felice di sentire da dove vieni e come sei finito ad avere i fregi di nocchiero nella flotta della mia gente. Mi chiamo Polústonos e la mia casa è poco più avanti su questo sentiero».

Il giovane appariva molto stanco o molto triste. Rispose però con un sorriso.

«Io sono Pálabast, ma qui mi chiamano Phlebas. Con piacere accetto il tuo invito. I tuoi capelli ti qualificano per età e il tuo sguardo per saggezza: ti racconterò la mia storia e tu mi offrirai il consiglio paterno di cui ho bisogno e che mio padre non può più darmi».

«Tu mi lusinghi. La parola saggia è dono degli dei: invoco Zeus perché mi illumini ed Hermes perché mi dia le parole per aiutarti. E possa Diana...».

Fu solo un attimo, ma il vecchio notò la smorfia di Phlebas. Quell'uomo aveva qualcosa contro gli dei. O forse gli dei avevano qualcosa contro di lui: è così che stavano, di solito, le cose. I due si misurarono in silenzio.

«Vedo che sei religioso», disse Phlebas, «ma ti anticipo che nel mio caso è meglio lasciar perdere gli dei. So ancora poco dei vostri, ma ho sentito che il dio della mia terra sarebbe lo stesso che voi chiamate Heracles. Spero di non offenderti se ti dico che con quello sono in cattivi rapporti. Mai più. Quanto a Diana, magari potrai darmi tu qualche informazione: mi piacerebbe sapere chi è questa dea che ci impedisce di partire».

'Come sempre', pensò il vecchio, 'Invochiamo gli dèi perché ci diano pace, ma in realtà speriamo solo che non ce la tolgano'.

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